sabato 16 luglio 2016

MIRCO MAESTRI: L'INIZIO DI UN VIAGGIO

fuga
Mirco Maestri in fuga con Daniel Oss al Giro d’Italia.
Ciao Mirco, come procede il primo anno tra i professionisti?
Abbastanza bene dai, è molto impegnativo. Non avendo un test tutte le domeniche con le gare come tra i dilettanti, diventa più difficile gestirsi. Inoltre è tutto un altro modo di correre e personalmente mi trovo molto meglio tra i professionisti.
La Bardiani-CSF ti ha dato la possibilità di correre già molte corse di prestigio nei primi mesi della stagione. Quale tra queste ti ha più colpito?Naturalmente il Giro d’Italia è stata un’esperienza bellissima, e credo sia il metodo migliore per conoscere il proprio corpo. Anche la Milano-Sanremo, al di là della fuga, è stata una corsa speciale dove ho trovato gente per strada a tifare dopo appena 20 km. Oltre a queste due corse, anche le esperienze in Belgio sono state
particolari per il calore dei tifosi che vengono a chiederti di firmare la tua cartolina per poi scambiarsele quasi come fossero le figurine dei calciatori Panini. Un’atmosfera bellissima.
Come hai vissuto il cambiamento dal mondo dei dilettanti a quello dei professionisti?
Abbastanza bene, anche se devo ammettere che inizialmente ero piuttosto spaventato perché non sapevo cosa aspettarmi. E’ un ambiente molto diverso per quanto riguarda il metodo di corsa e anche quello di allenamento, ma sicuramente in gara mi trovo bene. Da dilettante devi cercare sempre il risultato, mentre tra i professionisti è molto importante far vedere la maglia in fuga e poi se si presenta l’occasione allora si pensa anche all’ordine di arrivo.
Hai un idolo sportivo?
In ambito ciclistico Contador e Aru. Al di fuori della bici direi Djokovic.
Che tipo di ciclista sei?
Sono completo nel senso che vado piano dappertutto (ride). A parte gli scherzi, sono un passista che in salita tiene duro prima di staccarsi dai migliori, in volata sono abbastanza veloce e sul passo vado bene.
Preferisci le classiche di un giorno o le corse a tappe?
Nelle corse a tappe, ad esempio al Giro, mi sono gestito abbastanza bene e anche durante gli ultimi giorni riuscivo a pedalare come si deve. Per le mie caratteristiche però mi sento adatto a corse di un giorno lunghe e faticose come la Sanremo o la Gand-Wevelgem.
Il tuo piatto preferito?
La fiorentina.
Raccontaci come è nato il tuo soprannome “Paperino”?
Quando andavo all’asilo volevo sempre portare a casa un paperino e da lì tutti mi hanno etichettato con questo soprannome. Poi mi rispecchio in Paperino perché in molti frangenti sono stato sfortunato avendo avuto alcuni problemi fisici negli anni. Ma alla fine anche Paperino che è “sfigato” alla lunga viene fuori, e anch’io insistendo sono riuscito a raggiungere l’obiettivo di passare professionista.
gr
Parliamo del tuo primo Giro d’Italia. La frazione che più ti ha messo alla prova?
La tappa dei sei passi dolomitici da Alpago a Corvara è stata per me la più difficile, perché sono partito a tutta per provare a centrare la fuga pagando poi quei fuori giri sulle salite successive. E’ stato un calvario arrivare all’arrivo ma alla fine ce l’ho fatta, anche se dopo tanta fatica.
Come si fa a gestire il peso nell’arco delle tre settimane di corsa?
Durante il Giro ho perso un paio di chili, ma più che tutto mi sono asciugato. In una corsa del genere ti liberi di tutto quello che hai in più, ma ovviamente se ci arrivi troppo tirato rischi di arrivare a fine Giro finito mentre se si parte con qualche chilo in più si finisce un pelo più freschi. La cosa fondamentale è avere una condizione atletica giusta.
All’ultimo Giro d’Italia, tra gli uomini di classifica, chi più di tutti ti ha colpito in gruppo?
Direi proprio Nibali. Fin da subito ho notate che aveva una gran condizione, in salita aveva una gran leggerezza. Diciamo che non lo ha aiutato il fatto che tutti gli stessero addosso e che molte cose gli siano andate storte. Anche Kruijswijk era in grande forma però ha fatto quell’errore sul Colle dell’Agnello dove forse era un po’ a tutta e poco lucido. Lui mi ha colpito per la sua freddezza in corsa e anche per il fatto che potesse andare a casa e invece è rimasto fino alla fine.
Che tensione si respirava in gruppo? 
I primi chilometri sono piuttosto tranquilli, si parla e si rivedono corridori e amici. Più avanti, nel finale di tappa, subentra la tensione di gara e sai di dover fare del tuo meglio perché sei in mezzo ai corridori più forti al mondo. Negli ultimi giorni invece c’è un grande nervosismo ad inizio tappa perché tutti vogliono andare in fuga mentre più avanti la situazione si stabilizza perché ognuno ha il suo obiettivo. Chi vuole risparmiare energie, chi deve fare risultato, quindi è un bel mix di emozioni e momenti pesanti e leggeri che si alternano.
Chi ti ha dato i migliori consigli, magari aiutandoti nei momenti più difficili, durante la corsa rosa?
Zanatta e Colbrelli sicuramente, magari dicendomi di mollare in certe occasioni perché non conta arrivare a 10 minuti piuttosto che a 20, ma è meglio conservare qualche energia per poi provare ad andare in fuga ed essere più freschi. Qualche consiglio utile me lo ha dato anche Oss sia in fuga che il giorno dopo, quando è venuto a parlarmi dimostrandosi davvero una bella persona.
A proposito della fuga, ti sei messo in mostra nella 12esima tappa con arrivo a Bibione grazie ad una fuga a due con Daniel Oss. Cos’hai provato ad essere all’attacco per ben 140 km sulle strade del Giro?
E’ stata una grande emozione, anche perché sai di essere in tv davanti a molta gente e hai il compito di dare il massimo per arrivare il più lontano possibile. Io ed Oss siamo comunque due ottimi passisti, infatti il gruppo non ci ha mai lasciato molto spazio perché pioveva e il circuito finale era molto nervoso.
maestri general
Mirco con la maglia della General Store Bottoli Zardini, la squadra che lo ha lanciato tra i professionisti.
Negli ultimi anni tra i dilettanti hai corso nella General Store Bottoli Zardini. Quanto ti ha fatto crescere e maturare l’esperienza con la squadra veronese? 
Con la General Store sono cresciuto davvero tanto. Simone Bertoletti è stato il mio mentore e tuttora lo sento spesso, mi consiglia sugli allenamenti ed è una persona con alle spalle 10 anni di professionismo e quindi molta esperienza. Mi ha voluto con sé quando ancora ero alla Podenzano nonostante non avessi fatto praticamente niente. Anche il Billy (Roberto Ceresoli) con il suo carattere particolare mi ha spronato a perdere peso e a diventare un corridore, insieme ad Angelo Ferrari ma anche al Presidente Diego Beghini.
Hai un sogno nel cassetto?
Il mio sogno più grande è riuscire a vestire un giorno la maglia azzurra. Il massimo sarebbe in un’edizione delle Olimpiadi ma mi accontento anche di una competizione minore.
Mirco ride e dice che sognare non costa nulla. Ha tanta voglia di fare e la sua carriera è iniziata nel migliore dei modi, siamo sicuri che ci farà divertire…
Jack

Nessun commento:

Posta un commento