lunedì 23 maggio 2016

UN MATCH SENZA FINE

Alberto Contador. Perché smettere?
So che ti vuoi ritirare al top, magari proprio nel periodo migliore della tua carriera. Ma che diamine, è presto, troppo presto. L’unica cosa che so è che alla fine farai ancora una volta la mossa giusta, e in fondo posso capire tutta la pressione, le fatiche, le salite. Ne hai affrontate così tante nella vita che ormai hai perso anche il conto, semplicemente le prendi a tutta e non vedi l’ora di scollinare.
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Poco prima del ritiro dal Tour de France del 2014, in seguito ad una brutta caduta.
Sarò di parte, sarà che sono cresciuto ammirando le tue imprese alla tv, ma resti per me il miglior corridore degli ultimi 20 anni. Il ciclismo è cambiato tanto negli ultimi tempi e una delle poche costanti che ritrovo sempre sei tu, la tua voglia di vincere e di attaccare sempre e comunque anche quando è più il cuore a suggerirtelo, con le gambe che non gli stanno a ruota.
Come al Tour de France di un anno fa, appena reduce da
un Giro d’Italia dominato, affermasti che la testa era pronta ma le gambe forse no. Eppure attaccasti ancora e ancora pur sapendo di non poter andare troppo lontano. L’orgoglio ti spingeva come il vento che soffia sulle montagne che ami scalare.
AlbertoContadorPink
Ogni volta che corri lo fai per vincere e sei come un pugile che accoglie i suoi sfidanti sul ring, uno dopo l’altro.
Ne è passato di tempo dal 2007 e dalle sfide con Rasmussen, che ti fece faticare sì, ma alla fine ti portasti a casa la Maglia Gialla a soli 24 anni. E sul quel ring ci salirono poi nomi pesanti e gregari di lusso, corridori emergenti e vecchi campioni ormai vicini al tramonto. Tutti battuti a più riprese, anche se qualcuno ha richiesto più round per andare al tappeto mentre altri ci sono finiti subito per K.O. tecnico. Sei storia.
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Lo sguardo di Lance Armstrong sul podio del Tour de France 2010 vinto dallo spagnolo dice tutto.
Hai respinto Lance Armstrong in quello che doveva essere il suo ritorno da star, l’eterno campione invece ha ceduto gettando la spugna. Din din din, suono della campana e incontro finito subito nell’ascesa a Verbier. Che attacco, che danza, che ritmo.
Ti sei battuto con i fratelli Schleck senza mai concedergli il primo gradino del podio, almeno sul campo.
Evans è stato il primo a rimetterti a posto per una volta, nel suo Tour del 2011, ma ti sei comunque prima preso il Giro d’Italia schiacciando Nibali e Scarponi con distacchi quasi ridicoli.
Li hai battuti tutti, da Menchov a Riccò, da Valverde a Purito, persino QuintanaLanda e Aru, il nuovo che avanza insomma.
Vuelta Spagna 2014
Froome è stato il primo vero muro. L’unico ad averti umiliato, preso a pugni, messo all’angolo. L’hai studiato e porca miseria a tratti sembrava davvero invincibile. Ma poi dopo aver sputato sangue ti sei rialzato vincendo la battaglia della Vuelta di Spagna, riprendendoti lo scettro e la maglia rossa davanti ai tuoi tifosi.
Sono cambiati gli avversari, le squadre, le sfide.
Hai preso parte a 13 Grandi Giri negli ultimi 9 anni e ne hai vinti 9.
Due te li hanno tolti ma tutti hanno visto il modo in cui hai continuato a vincere senza troppe eccezioni.
Ora sei lanciato verso le tue ultime sfide, dovrai trovare il modo di mettere al tappeto anche quell’osso duro di Froome per riprenderti quel dannato Tour che ormai è un’ossessione. Dopodiché la tua guerra sarà davvero finita.
E non ci sarà più un motivo per continuare a combattere questo match lungo 9 anni. 

Jack

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