Quanto puoi resistere con l’acqua che scorre sui vestiti e il ghiaccio che si forma sopra al casco? C’è chi il freddo non lo sente e va avanti come avvolto da una piacevole anestesia. Ma c’è anche chi non ce la fa, chi si congela metro dopo metro spegnendosi sempre più.
In questi giorni assaporiamo due corse molto simili che si corrono in due Paesi diversi: la Tirreno-Adriatico (in Italia) e la Parigi-Nizza (in Francia). Sulla carta due gare a tappe che accolgono a braccia aperte il caldo, anzi, che lo inseguono giorno dopo giorno correndo verso il mare. Ma può capitare che il sole si nasconda e che gli ultimi giorni dell’Inverno si facciano sentire, magari con gli interessi di una stagione fin troppo clemente.
E’ successo qualche giorno fa proprio nella corsa francese, con la pioggia che dopo qualche ora si è trasformata in neve portando la gara su un altro piano, su un livello a dir poco estremo.
E’ successo qualche giorno fa proprio nella corsa francese, con la pioggia che dopo qualche ora si è trasformata in neve portando la gara su un altro piano, su un livello a dir poco estremo.
Guardando le immagini della Parigi Nizza, con la neve che scende e i le ruote delle bici che tracciano delle nere linee sottili sull’asfalto, mi viene in mente una sola cosa: pazzia.
Vedo corridori che abbandonano la gara scendendo dalla bici, completamente congelati, per salire sulle ammiraglie in cerca di qualcosa di caldo da bere. La testa che non ragiona più e il fisico che di conseguenza non reagisce, portandoti a mollare, a gettare la spugna.
E’ qui che si arriva ad un bivio nel quale è facile imbattersi nello sport, ma forse ancor di più nel ciclismo. Il momento in cui un atleta, o in questo caso un corridore, deve saper usare la testa per varcare quel muro che si ritrova davanti. Un limite che si presenta quando la temperatura scende e il freddo ti entra un po’ alla volta nei vestiti arrivando prima alla pelle, e poi alle ossa. I guanti diventano inutili e i piedi “spariscono”, privi di ogni sensibilità. Tutte cose che non fanno altro che distrarti, portandoti via le ultime forze utili per fare qualsiasi altra cosa, come mangiare una barretta o cambiare rapporto.
Vedo corridori che abbandonano la gara scendendo dalla bici, completamente congelati, per salire sulle ammiraglie in cerca di qualcosa di caldo da bere. La testa che non ragiona più e il fisico che di conseguenza non reagisce, portandoti a mollare, a gettare la spugna.
E’ qui che si arriva ad un bivio nel quale è facile imbattersi nello sport, ma forse ancor di più nel ciclismo. Il momento in cui un atleta, o in questo caso un corridore, deve saper usare la testa per varcare quel muro che si ritrova davanti. Un limite che si presenta quando la temperatura scende e il freddo ti entra un po’ alla volta nei vestiti arrivando prima alla pelle, e poi alle ossa. I guanti diventano inutili e i piedi “spariscono”, privi di ogni sensibilità. Tutte cose che non fanno altro che distrarti, portandoti via le ultime forze utili per fare qualsiasi altra cosa, come mangiare una barretta o cambiare rapporto.
La tappa è annullata e le facce dei protagonisti dicono tutto. La chiamano “la corsa verso il sole“, con il gruppo che corre verso il mare seguendo il profumo delle spiagge di Nizza, decisamente più calde delle colline francesi sulle quali si è abbattuto in un solo giorno l’intero inverno.
Quando la tappa è annullata qualcuno scherza con la neve e trova il modo per farsi una risata vista la rara occasione, qualcun altro invece corre via sperando di riprendersi per il giorno successivo. Perché nel ciclismo funziona così, il giorno dopo quasi sempre si riparte, ci si rimette in gioco.
Un ciclismo eroico, da applausi, da inchini.
Quando la tappa è annullata qualcuno scherza con la neve e trova il modo per farsi una risata vista la rara occasione, qualcun altro invece corre via sperando di riprendersi per il giorno successivo. Perché nel ciclismo funziona così, il giorno dopo quasi sempre si riparte, ci si rimette in gioco.
Un ciclismo eroico, da applausi, da inchini.
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