lunedì 29 febbraio 2016

IL RIBALTONE CHE TUTTI SOGNIAMO

Ci piacciono i brividi sulla pelle, le emozioni forti, quella tensione che ti scorre nelle vene sbattendo a destra e a sinistra, la stessa che ti afferra e ti porta su e giù senza una precisa logica.
Ci piace quando un corridore prende tutto quello che ha e lo appoggia, delicatamente, sul tavolo che ha di fronte, giocandosi tutto. Ammettiamolo, ci fanno impazzire quelli che
sono disposti a rischiare di perdere tutto pur di portare a casa l'intera posta.

Uscire allo scoperto, nel ciclismo moderno, è sempre più difficile. E' tutto così calcolato, ormai, che per ribaltare una situazione di classifica ci vogliono qualità che pochissimi negli ultimi anni hanno saputo mostrare. Nei grandi Giri, ma anche in tutte le altre piccole corse a tappe (come la Tirreno Adriatico, la Parigi Nizza, il Delfinato e via dicendo) si vedono sempre meno azioni coraggiose, quelle "di una volta".
Ecco cosa chiede lo spettatore: cose fuori dalla norma.


Quanto mi sono emozionato quando Contador ha messo i suoi uomini "a ventaglio" nella 13esima tappa del Tour de France di 3 anni fa, a più di 30 km dall'arrivo, portando a casa più di un minuto. Fallì poi la conquista della generale, ma provò a ribaltare una situazione di classifica difficile.

Ci piace il Nibali che prova a far saltare il banco alla Milano-Sanremo perché lui ad arrivare in volata proprio non ci sta. E allora attacca la Cipressa con il 53 in canna e poi si fionda sull'Aurelia in direzione Sanremo inseguendo con foga un sogno che anche lui considera ardito. Poi il Poggio e il vento lo rimettono al suo posto, ed ecco che il coraggio non basta, non questa volta.



Penso al Sagan del Mondiale che ad arrivare in volata proprio non ci sta, e allora si lancia in un tentativo che solo lui poteva portare a termine. I watt che salgono, i polpacci che mordono e il cuore che pompa sangue ad ogni singolo muscolo per arrivare dritto alla maglia iridata che tanto sognava.


 Oppure ancora, che bello Pantani che ribalta la Grand Boucle mandando alla deriva Ullrich con un attacco epico sul Galibier,  quando mancavano ancora 47 km all'arrivo. Dalla nebbia esce un omino di 57 kg che decide di sfidare prima di tutto se stesso e poi, solo dopo, tutti gli altri. Decide che non vale la pena restare lì, nell'incertezza della sconfitta o della vittoria, così se ne va lasciando gli altri a guardarlo forse noncuranti della sua forza.  E poi dal gradino più alto del podio scruta la folla indossando quel giallo che fin dal mattino sembrava irraggiungibile.
Brividi che hanno fatto la storia.
Che sia una fuga che riesce ad arrivare in una tappa piatta e noiosa o un'azione da lontano nata dal coraggio di un uomo che decide di sfidare le montagne senza domandarsi mai a cosa va incontro, è questo che ci piace. E' una bella sensazione sentire la pelle d'oca sulla pelle e tifare sempre per chi si butta, per chi tira fuori le palle (passatemi il termine) sapendo di andare incontro ad una probabile sconfitta.
Non ci piace il Quintana che aspetta le ultime due tappe di montagna per provare a recuperare terreno su Froome, ma vogliamo quello che tenta il "ribaltone" buttandosi in picchiata dallo Stelvio sfidando freddo e neve pur di prendere la Maglia Rosa.
Cari corridori, Campioni e gregari, non smettete mai di osare e di rischiare pur di vincere, è questo che vi chiediamo. Mai. 

Jack

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