martedì 26 luglio 2016

TOUR CRISTALLIZZATO DA UN FROOME D'ASSALTO

Il Tour de France anche quest’anno non si sta smentendo e come sempre mostra i suoi tratti distintivi, le sue caratteristiche, a volte belle e a volte brutte.
Le prime tappe piatte e la noia totale (è proprio il caso di dirlo) fino agli ultimi km. Il gruppo che lascia andare due o tre attaccanti, possibilmente poco pericolosi e di squadre professional, per poi mettersi con calma a rincorrerli. Gli ultimi 30 km sono una sfida all’ultimo sangue tra i fuggitivi (senza speranza di vittoria) e il gruppo, guidato dai migliori passisti e dalle squadre dei velocisti. Stesso copione, tutti i giorni.
L’unico che esce un po’ dagli schemi è, come sempre negli ultimi anni, Thomas Voeckler. Attacca anche quando sembra impossibile arrivare, ma è forse l’unico che ci mette il cuore credendoci davvero. Quando le cose si fanno serie non mancano mai le sue facce e quelle smorfie che gli permettono, dice lui, di spingere davvero forte.
Vero simbolo della Grande Boucle.
froome discesa
Chris Froome rischia il tutto per tutto in discesa nell’ottava tappa. Il coraggio premia: vittoria e maglia gialla per lui.
Froome che ostenta, con simpatica leggerezza, la solita sicurezza. Si sente forte, e lo si vede subito fin dalle prime tappe. Negli arrivi in volata è subito lì dietro agli sprinter, tanto avanti quanto basta per non rischiare di perdere secondi, ma abbastanza indietro da
evitare le cadute delle prime posizioni. Non lascia nulla al caso. E Chris sa anche stupire, attaccando in discesa e prendendosi la “sua” maglia gialla zittendo tutti quelli che lo ritenevano incapace di guidare la bici o semplicemente troppo prevedibile in corsa.
Alla fine l’unico che potrebbe aspettare le ultime tappe è proprio il primo a muoversi, mettendo tutti nel sacco.
Kreuziger-no-espera-a-Contador
Contador è in difficoltà mentre Kreuziger, suo gregario, si volta e decide di non aspettarlo restando così nel gruppo dei migliori. Errore tattico o semplice distrazione?
Alberto Contador invece è partito in salita, ritrovandosi dopo appena 100 km di corsa già fisicamente distrutto da una caduta dalle circostanze difficili da capire. Distrazione, tensione eccessiva o semplice sfortuna? Come se non bastasse, è caduto di nuovo nella seconda tappa ed è poi stato praticamente lasciato al suo destino da alcuni suoi compagni di squadra nella prima tappa di montagna.
Roman Kreuziger doveva stargli accanto ma ha preferito stare con il gruppetto dei migliori per poi staccarsi a pochi metri dall’arrivo, inutile per se stesso oltre che per il suo capitano. Una Tinkoff che lancia all’attacco un Majka decisamente sfiancato dal Giro d’Italia che rispecchia una squadra a tratti confusa e forse non all’altezza del suo capitano e della corsa stessa.
Il “Pistolero” è ferito e sarà dura vederlo protagonista nelle prossima tappe di montagna, ma si può sempre sperare in una sua “rinascita” nella terza settimana, per il bene suo e della corsa francese che rischia di perdere uno di quei protagonisti capaci di uscire spesso dagli schemi.
Noi ci aggrappiamo ad Aru ed alla sua fantasia con la speranza di vedere un italiano sul podio a Parigi.
podio
L”ambito podio di Parigi. In tanti lo inseguono, ma quanti corrono davvero per il gradino più alto?
Il Tour 2016, per ora, è una corsa cristallizzata, dove regnano paura ed attendismo, forse anche per la supremazia del Team Sky, capace di controllare in modo spietato la gara.
La sensazione però è quella che ci siano troppi corridori che hanno voglia di arrivare sul podio di Parigi ma che forse, per non rischiare di perdere anche quello, rinunciano in partenza al gradino più alto.
Ma il Mont Ventoux e le Alpi non perdonano. Lì non ci si potrà nascondere.
Jack

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