martedì 13 dicembre 2016

CROSS: LO SPETTACOLO DELLA FESTA BELGA



L'aria a Bergamo è fredda, ma sicuramente dove siamo diretti io e mio zio la temperatura scenderà ancora. Non ho mai visto una gara di Ciclocross fuori dall'Italia e sono curioso di andare nella sua patria, il Belgio, per vedere come lo vivono e come funziona. Dopo appena un'ora di volo siamo a Cologna, una grande città tedesca dove il freddo si fa sentire ma per fortuna ci pensano i litri di birra che qui scorrono come un fiume in piena e i negozi colorati a scaldare l'atmosfera. Siamo in un hotel vicino alla città solo per dormire, perché è la gara di domani a Spa Francorchamps che ci interessa davvero, nonostante questa località meriti una visita. Infatti la sera prima del grande evento ci concediamo una birra e un bel piatto tipico tedesco godendoci l'accoglienza dei "crucchi" in un loro venerdì sera di festa.

La mattina dopo usciamo dalla Germania e
in un'ora e mezza arriviamo al circuito di Formula 1 dove per una volta all'anno le biciclette sono le protagoniste indiscusse. Siamo ben organizzati, con vestiti pesanti e stivali per affrontare anche il fango più insidioso. L'aria è fredda ma il cielo azzurro ci regala una giornata spettacolare. Siamo probabilmente gli unici tifosi italiani presenti e questo ci rende in un certo senso orgogliosi di esserci, facendoci godere ancora di più uno spettacolo che solitamente ci gustiamo da casa, attaccati ad uno streaming che a volte ci fa aspettare con un pizzico di suspence le sue immagini. Ma qui è tutta un'altra cosa.

I muri in erba danno davvero un'idea di quanto siano duri da affrontare di corsa, con la bici in spalla, e qui ce n'è uno davvero esagerato. Il ghiaccio si forma in ogni punto all'ombra senza eccezioni e le gare dei più giovani (Junior e Under 23) scavano il terreno definendo chiaramente le linee migliori e fanno da antipasto alla gara regina dei professionisti. Li guardo girare e mi fa uno strano effetto essere al di qua delle transenne, senza bici.

Mangiamo un panino in uno dei tanti chioschetti presenti che vendono patatine fritte e birra. Poi ci posizioniamo a turno nei punti migliori del percorso per gustarci lo spettacolo.
Van Der Poel e Van Aert mostrano fin da subito una superiorità disarmante. Giovani e veloci, non li avevo mai visti dal vivo e sono esattamente come me li immaginavo. La maglia di Campione del Mondo è sulle spalle di Van Aert, che sfreccia nel bosco concentrato e silenzioso, si vede che ha voglia di prendersi la vendetta dopo l'ultima sconfitta e qui, a casa sua in una prova di Superprestige, è il posto perfetto per farlo.

Van Der Poel è l'immagine di un'Olanda che si aggrappa ad un giovane portento per non affogare del tutto tra i colori del Belgio, e in parte ci riesce anche se a volte la forze di Van Aert è incontenibile. Mentre li osserviamo passare nelle canaline di fango, veniamo travolti dal profumo di fritto e dalle urla dei tifosi che al loro passaggio si esaltano.

Ma ci sono anche tutti gli altri: Meeusen, Aerts, Pauwels, Sweeck, Vantornout. Manca solo Van Der Haar che è ai box per un infortunio, e ad essere sinceri ci è mancata la sua solita partenza a razzo. Nessuno di loro porta gli occhiali in gara forse perché il fango fa parte della loro quotidianità, come il pane per noi. In sottofondo sentiamo il costante rumore dei copertoni che scorrono sui rulli mobili, a livelli sempre diversi quasi a formare un concerto.
Torniamo a casa dopo due giorni intensi, consapevoli di cosa sia il ciclocross qui al Nord, tra freddo gelido, birre e grandi Campioni che non mollano le due ruote neanche nei periodi più rigidi, quasi a voler sfidare ogni legge della natura. Quando gli altri la lasciano in garage a riposare e fuori si forma il ghiaccio, cade la neve e dai camini esce il fumo, loro escono dando il meglio di sé, e non smetteremo mai di ringraziarli.

Mentre ci spostiamo ci passa davanti, travolgendoci con la sua bici, un bambino di circa 5 anni che sembra guidare in preda all'euforia probabilmente a causa dell'atmosfera che respira qui ogni domenica.
E guardandolo ripartire, in fondo anche noi nel nostro piccolo, un po' lo capiamo.

Jacky





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