martedì 24 febbraio 2015

IL MONDO DURO DELLE GARE


Ciao ragazzi,
sono tornato domenica sera a casa dopo due settimane di ritiro e ho tante cose da raccontarvi, tante nuove esperienze e fatiche da condividere con voi. Mi sono allenato per 10 giorni in Toscana con la squadra e mi sentivo a casa, essendo per metà toscano.
Nel complesso ho avuto buone sensazioni e mi sentivo pronto per la prima corsa, la Coppa San Geo. Aspettavo ormai da mesi e la voglia di mettermi alla prova era tanta dopo aver percorso tanti km al freddo, prima a Brescia, poi in Spagna e infine in Toscana.
Ma è stata dura.
Vi racconto.


21 Febbraio | COPPA SAN GEO | 156,3 km
Oggi io e i miei compagni giochiamo in casa, a Brescia.
Guardo il cielo nero e capisco subito che sarà una lunga giornata. Si parte a mille, ma mai quanto in una gara di CrossCountry, quindi libero la mente e inizia la mia stagione. Una stagione completamente diversa dalle altre.
Piove, l'acqua fredda inizia a farsi sentire sempre di più. La sento scorrere nelle scarpe ed arrivare fino ai piedi, ma anche scivolare un po' alla volta dal casco fino alla schiena.
Alzo lo sguardo e davanti a me vedo solo tante
ruote e gambe lucide tirare rapporti e rilanciare l'azione in una sfida continua per restare davanti, dove si fatica di più, ma si rischia di meno. Provo a seguire qualche attacco e a cercare la fuga quando la strada sale ma ben presto finisco le cartucce e sono costretto a recuperare. Ogni curva è bagnata e tutti rischiano per restare in piedi.
Quando iniziano gli ultimi 25 km sono troppo indietro, tolgo gli occhiali e il gruppo è così allungato da non riuscire a vedere i primi. Mi ritrovo a tutta, con le gambe che bruciano e le mani che stringono il manubrio, come se questo fosse un'ancora dalla quale non staccarsi mai per nessun motivo.
Stiamo andando a più di 50 km/h dopo 3 ore e mezza di gara, l'acido lattico mi bombarda e il fiato mi manca, non riesco più a seguire la ruota che ho davanti. Mi sfilo, e poi mi stacco. Un buco di 10 metri separa me e altri corridori da quello che è rimasto del gruppo, ma è impossibile recuperare. L'unica cosa che posso fare ora è stare lì ad osservare quello spazio che si allarga sempre più.
E' tutto così diverso da quello che facevo fino a qualche mese fa... Eppure mi piace il fatto di dover imparare qualcosa di nuovo.
Non finisco la gara e capisco subito il perché: ho sprecato troppe energie quando non serviva, ho mangiato troppo poco e non sono stato abbastanza avanti.
Ma ho dato tutto e vedere un mio compagno (Marengo) fare 7° all'arrivo mi ripaga.
Domani si replica.

22 Febbraio | GP LA TORRE | 98 km
Seconda corsa, questa volta sulle strade toscane. Giro cortissimo e molto nervoso da fare 26 volte, tra strade strette e strappi corti. Se il giorno prima si andava a 1000 all'ora, oggi si va a 3000. Alcuni miei compagni sono sfortunati e devono fermarsi, altri (come me) pagano la fatica del giorno prima. Alla fine corriamo bene ma non raccogliamo niente. L'unica, piccola soddisfazione è passare il traguardo e finire la gara, anche se lontano dai primi.
Torno a casa distrutto.

Mi rendo conto ora ancor di più di quanti sacrifici debba fare un ragazzo per essere all'altezza di questo mondo, quello della strada, che può essere più duro di quanto si pensi. Parlo da stradista ma ragiono da biker e vi assicuro che allenarsi, mangiare bene, vivere per questo, non basta. Quando sei in mezzo a quel gruppo che corre ai 60 all'ora ti senti un puntino colorato che combatte per arrivare prima di tutti gli altri, ma alla fine il sogno è lo stesso per tutti, e solo uno ce la fa.
Vi voglio raccontare, per ultimo, qualcosa che nel mondo della Mtb non c'è, o comunque non in modo così costante.

Il dietro-motore: per me è pura follia, o almeno lo è stato all'inizio, perché poi con il tempo ti ci abitui. Ti ritrovi a 50-60 km/h dietro ad una macchina o ad un furgone, a pochi centimetri dal toccarne la carrozzeria. perché più stai vicino e meno fatichi. A volte sei così vicino da non credere che sia possibile trovare una sintonia così perfetta tra una macchina e una bici. Poi arrivano le buche. Se sei con la macchina le anticipi, le puoi vedere ed evitare, ma se sei con il furgone, no.
Per me le buche nel dietro motore sono come i terremoti: imprevedibili, ma prima o poi arrivano. E quando succede non puoi fare niente, se non aspettare che passino.

Lo stress: su strada ce n'è in abbondanza. Sono tutti stressati, tesi, agitati, un po' per la paura di cadere e un po' per quella di sbagliare qualcosa. E se non fai attenzione, lo stress degli altri prende anche te. Ma il massimo dello stress lo percepisci in corsa.

Il massaggio: per me è un momento di completo relax, anche se a volte doloroso, dove puoi pensare solo a rilassarti mentre qualcuno ti rimette in sesto le gambe dopo aver faticato.

I colori: vedere il gruppo correre per la strada e dare vita ad un un mix di colori così vasto mi ha sempre fatto impressione, fin da quando andavo a vedere il Giro o il Tour, ma farne parte, beh, è una sensazione davvero particolare.

Gli stradisti hanno i colori addosso. Sono sui caschi, sulle maglie, sulle scarpe, sulle lenti degli occhiali. .
I bikers hanno i colori intorno. Sono nei boschi, nella ghiaia e nei pezzi di terra che hanno sotto le scarpe.

Jack

2 commenti:

  1. È sempre un'emozione leggere i tuoi articoli! In bocca al lupo per il continuo della stagione!

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  2. Pedala come scrivi e non avrai problemi in questo nuovo mondo asfaltato.

    Zzz

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